VEDEGHETO
E' una piccola frazione del comune di Valsamoggia, ex Savigno, con poco più di una settantina di abitanti stabili.
E' citato per la prima volta, in un documento del 1116, un castello a "Intrigete", associato a quello vicino di Vignola dei Conti e all'unico tutt'ora esistente in zona, quello di Montasico, esempio intatto di fortilizio medievale. Altro antico toponomo del luogo è "Videgeti", che compare in una pergamena recentemente riportata alla luce, datata 1225, appartenente all'archivio della vicina chiesa abbaziale nonantolana di S.Lucia. Come nei paesi limitrofi di Rodiano, Prunarolo, Vignola dei Conti, Montasico, Medelana, Luminasio, e un po’ ovunque nell'Appennino bolognese, documentato splendidamente da Luigi Fantini nella sua fondamentale opera fotografica "Antichi edifici della montagna bolognese", anche a Vedegheto si conservano molte costruzioni storiche ( antichi borghi, case torri, torri colombaie, mulini ) inseriti ora nel catalogo dell'Istituto dei Beni Culturali e soggetti a tutela: Cà Menazzano, Cavanella, Il Poggio, La Venola, Dlà di Rè, Il Poggiolo, Fontanè, I Piani.
CÀ MENAZZANO
E' un insieme di costruzioni con diversi elementi architettonici di pregio, risalente al XV°-XVI°-XVII° sec., descritta e fotografata da Luigi Fantini nella sua grandiosa opera "Antichi edifici della montagna bolognese". La parte più antica del borgo presenta lunetta e mensola di colombaia, finestrelle e feritoie, portali a tutto sesto in conci di pietra arenaria e un allineamento regolare nella muratura in sasso, che ricorda l'opus quadratum, in uso fino al XIV°-XV° sec.
DINTORNI
Vedegheto si trova in una terra storicamente di confine, attualmente nel comune di Valsamoggia (ex Savigno), prossimo ai comuni di Marzabotto, Vergato e Monte S.Pietro. A pochi chilometri di distanza, sono presenti diversi percorsi e punti d'interesse:
TERRITORI MONTANI MARGINALI
Il fenomeno dell'abbandono delle aree montane rurali, l'assenza di ricambio generazionale nelle pratiche colturali, per lo più convenzionali e poco redditizie, sistemi agronomici fermi al passato, a cui si aggiungono danni da fauna selvatica proliferante in un ecosistema alterato: tutto ciò genera degrado ambientale e aumento delle superfici incolte e boschive.
A chi desidera far rivivere e riqualificare questi territori, occorrono molta passione e impegno, più una certa cultura della sostenibilità, che in contesto agricolo significa capacità di contribuire a lungo termine al benessere generale delle persone producendo cibo, merci e servizi in modo economicamente efficiente e remunerativo, socialmente responsabile e rispettoso dell'ambiente. La produzione di zafferano, come altre produzioni cosiddette "di nicchia", si inserisce a pieno titolo in un sistema agroalimentare ecosostenibile.
In questo senso ci piace il termine "restanza" scelto come tema della edizione 2019 del festival di I.TA.CA’., che si tiene proprio nel nostro Appennino bolognese: restanza che non significa inerzia e passiva rassegnazione, ma piuttosto "scelta di vita consapevole, presidio attivo del territorio, prendersi cura dei luoghi come beni comuni", così come proposto da Vito Teti nel suo libro “Pietre di pane. Un’antropologia del restare”. Condivido a pieno il suo pensiero che "soltanto una diversa idea dei luoghi, della natura, dello "sviluppo", del tempo, dei rapporti potrà salvare il mondo".
ISTITUTO AGRARIO LUIGI SPALLANZANI
Istituto di Istruzione Superiore, ha tra gli obiettivi di valorizzare e promuovere il territorio ed i suoi prodotti agricoli. E' stata avviata nel 2017 una collaborazione tra la sede di Monteombraro dell'Istituto, presso i cui laboratori si producono oli essenziali e cosmetici naturali, e la nostra azienda, con lo scopo di far conoscere le proprietà dello zafferano e condurre tirocini formativi per gli studenti interessati alla sua coltivazione.